IL GIUDICE DI PACE

    Viste  le  eccezioni  di  illegittimita' costituzionale sollevate
dalla difesa con riferimento agli artt. 13 comma 3 e 3-bis e 14 comma
5-ter  e  quinques del d.lgs. n. 286/1998 come modificati dalla legge
n. 189/2000, perche' in contrasto con gli artt. 2 - 3 - 24 - 25 e 111
della Costituzione;
    Sentito il p.m.;
    Ritenuto   che   le  stesse  sono  manifestamente  infondate  con
riferimento alla asserita impossibilita' di procedere alla tempestiva
individuazione  e nomina di un interprete all'imputato straniero (che
non  parli la lingua italiana), con conseguente impossibilita' per lo
stesso   di   accedere   a  riti  alternativi,  ovvero  di  avvalersi
dell'istituto  del  gratuito  patrocinio,  atteso che, come acclarato
dallo  svolgimento  dell'odierna  udienza,  alla  prevenuta  e' stato
nominato  un  interprete  di  lingua inglese, che le ha consentito di
interloquire  con  il  proprio  difensore e di scegliere la strategia
difensiva.  Essa infatti ha ricevuto gli avvertimenti di legge, prima
di  procedere  all'interrogatorio  di garanzia, ed ha consapevolmente
(con  l'ausilio dell'interprete e del difensore di fiducia) scelto di
avvalersi  della facolta' di non rispondere. Altrettanto scientemente
ha  potuto  percio'  determinarsi  a  non  avvalersi  delle norme sul
patrocinio  a spese dello Stato. Solo per scelta difensiva dunque, in
relazione  al  momento  in  cui  sono state sollevate le questioni di
legittimita'  costituzionale,  non  si  e' addivenuti alla fase della
scelta  eventuale  di  riti  alternativi,  che comunque sarebbe stata
consapevole,  attesa la presenza e dell'interprete e del difensore di
fiducia dell'imputata.
    Nessuna  violazione  di  norme  costituzionali  e'  dato pertanto
rilevare sotto questo profilo.
    Analoga valutazione di manifesta infondatezza deve esprimersi con
riferimento   alla  prospettata  violazione  dell'art.  3  Cost.,  in
relazione alla fattispecie contemplata dall'art. 14 comma 5-quinquies
d.lgs.  n. 286/1998  (e  succ.  modif.)  che  prevede l'arresto dello
straniero  anche  in  una  ipotesi  contravvenzionale,  giacche' cio'
attiene  alla  scelta  discrezionale del legislatore, la quale appare
connessa  alla diversa condizione del cittadino straniero, rispetto a
quello  italiano, in relazione al quale vi e' stata gia' l'emanazione
di  un  ordine  di  espulsione  (condizione  non  contemplata  per il
cittadino).
    Allo  stesso  modo deve ritenersi la manifesta infondatezza della
questione    di   illegittimita'   costituzionale   prospettata   con
riferimento   all'art. 3   Cost.   dell'art. 14  comma  5-ter  d.lgs.
n. 286/1998  (e  succ.  mod.),  atteso  che  la  piu'  grave sanzione
(rispetto  a  quella  prevista  dall'art. 650  c.p.)  appartiene alla
discrezionalita'  legislativa  in correlazione alla maggiore gravita'
del  comportamento  individuato  dalla  norma in esame (essa concerne
infatti  la  violazione  del piu' grave provvedimento amministrativo,
che  e' quello dell'allontanamento per espulsione dal territorio, mai
previsto per il cittadino).
    A  parere di questo giudice sussistono invece seri dubbi circa la
legittimita'  costituzionale  della  norma penale contestata (art. 14
comma  5-ter  d.lgs. cit.) e di quelle processuali connesse (artt. 13
comma  3 e 3-bis stesso d.lgs. con riferimento agli artt. 3, 24, 25 e
111 Cost.
    In   particolare  risulta  irragionevole,  per  assenza  di  beni
costituzionali  comparabili  con  quelli  che  si  assumono  lesi, la
presenza   nell'ordinamento   di   norme   processuali  concretamente
incidenti  sui  principi  di  uguaglianza e di difesa, tutelati dalla
Costituzione  nei  confronti di tutti i soggetti a cui si applicano i
diritti  fondamentali  dell'individuo. Tali sono le norme di cui agli
artt. 13  comma  3 e 3-bis d.lgs. n. 286/1998 (come succ. modificato)
che  prevedono  la  pronuncia  di nulla osta alla espulsione (dopo la
convalida   dell'arresto),   con   impossibilita'   per   l'Autorita'
Giudiziaria  di  negarlo  in  caso  di accertamenti che si rendessero
necessari  in  relazione  alla  prospettazione difensiva, finalizzata
all'affermazione di innocenza dell'imputato.
    L'art. 13  comma 3 cit. infatti consente il diniego di nulla osta
da parte dell'A.G. (per il soggetto che all'esito della convalida sia
stato  rimesso  in  liberta', ipotesi peraltro obbligata in relazione
alla  fattispecie  contemplata  dall'art. 14 comma 5-ter per la quale
non vi e' possibilita' di applicazione di misura cautelare personale,
attesa  la  naura  contravvenzionale  del  reato) solo in presenza di
inderogabili    esigenze    processuali    valutate    in   relazione
all'accertamento  delle  responsabilita' di eventuali concorrenti nel
reato  o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse
della  persona offesa. Risulta percio' vulnerata l'esigenza difensiva
dell'imputato   con   riferimento   ai   motivi   della  inosservanza
dell'ordine impartitogli dal questore.
    Parimenti   deve   esprimersi   un   giudizio  di  non  manifesta
infondatezza  circa  la  eccepita  violazione  del  diritto di difesa
dell'imputato  ex  artt. 24  -  25  e  l l l Cost., in relazione alla
indeterminatezza  della  fattispecie  di  cui all'art. 14 comma 5-ter
d.lgs.  n. 286/1998  (come  succ. modif. dalla legge n. 189/2000) con
riferimento  alla  genericita'  dei termini descrittivi del fatto. La
mancata  previsione  dei  «giustificati motivi» (ovvero dei parametri
idonei  ad individuarli) che renderebbero legittima la permanenza sul
territorio  italiano  nonostante l'ordine di espulsione, non consente
di  individuare,  quanto  meno a contrario, quali sono le ragioni che
rendono  legittima  l'incriminazione e, conseguentemente impedisce la
formulazione  di  una  chiara  contestazione  del fatto ascritto, che
rechi  i  caratteri (della enunciazione in forma chiara e precisa) di
cui all'art. 429 lett. c) c.p.p.
    D'altro  canto  va  pure rilevata la violazione dell'art. 3 Cost.
con    riferimento   alla   mancata   individuazione   dei   suddetti
«giustificati  motivi», non essendo dato conoscere preventivamente al
cittadino  straniero  in  quali  ipotesi  l'inosservanza dell'obbligo
impartitogli possa reputarsi illecita e quando invece possa ritenersi
scriminata.
    Rilevato  che per tali motivi appare non manifestamente infondata
la  questione  di  incostituzionalita' degli artt. 13 comma 3 e 3-bis
d.lgs.  n. 286/1998  (come  modificati dalla legge n. 189/2000) nella
parte  in  cui  non  consentono  che il nulla osta non sia rilasciato
anche  per esigenze difensive, e dell'art. 14 comma 5-ter d.lgs. cit.
(e   succ.  modif.)  nella  parte  in  cui  non  consente  la  previa
individuazione  dei profili illeciti della fattispecie incriminatrice
e  lo  svolgimento di adeguata attivita' difensiva, per contrasto con
gli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost.;
    Rilevato  che  la  questione  appare  altresi'  rilevante  per il
procedimento  di  cui  trattasi,  atteso  che la migliore descrizione
della   fattispecie  e  la  presenza  dell'imputata  in  dibattimento
consentirebbero  alla stessa di apprestare una piu' adeguata difesa e
di  provare  le eventuali ragioni che l'hanno indotta a permanere sul
territorio  dello  Stato  italiano  nonostante l'ordine di espulsione
impartitole dal questore di Bari il 12 dicembre 2002;
    Ritenuto  che  l'art. 17  d.lgs. n. 286/1998 (e succ. modif.) non
pone  riparo  alle  suddette  violazioni, giacche' non consente alcun
concreto  esercizio  dell'attivita' difensiva. Esso infatti subordina
la  partecipazione  dell'imputata  al  processo  ad autorizzazioni di
autorita'  amministrative  che non sono nei tempi coordinabili con le
scadenze   processuali   e  soprattutto  comportano  oneri  economici
incompatibili  con  le  condizioni  socio  economiche  dell'imputata,
collaboratrice  domestica, di talche' non garantiscono l'effettivita'
della difesa.
    D'altro  canto,  l'allontanamento dell'interessata dal territorio
dello  Stato innegabilmente creerebbe disagi alla difesa tecnica, sia
per   i  tempi  ristretti  del  giudizio  direttissimo,  sia  per  la
difficolta'  di  comunicare  verbalmente  (attesa la diversita' della
ligua)  ovvero per iscritto (attesi i piu' lunghi tempi richiesti per
l'inoltro e la ricezione delle comunicazioni postali);
    Rilevato  che  la  Corte costituzionale si e' piu' volte espressa
sul  principio  secondo  cui  la  tutela giurisdizionale deve trovare
attuazione  per  tutti  (cittadini  e stranieri) indipendentemente da
ogni  differenza  di  condizioni personali e sociali, e che l'art. 24
Cost. costituisce specificazione e concretizzazione dell'art. 3 comma
2 Cost. e, pertanto, non tollera ingiustificati limiti soggettivi che
impediscano di rendere effettiva l'uguaglianza dinanzi alla legge;
    Rilevato  che  l'automatismo  nel  rilascio  di  nulla  osta alla
espulsione   con   immediato  accompagnamento  dello  straniero  alla
frontiera contrasta con la possibilita' ed il diritto dello stesso di
difendersi   in   giudizio  (provando  il  diritto  a  permanere  nel
territorio  dello  Stato)  e  finisce  per  costituire  un privilegio
tecnico-processuale  per  la  P.A.  che  non trova giustificazione in
norme  di  rango  costituzionale  (le  quali  solo  potrebbero essere
comparate  con  quelle  che  garantiscono  i  diritti che si reputano
violati);
    Rilevato  che  le  norme  censurate  non  consentono  l'effettivo
esercizio  del  diritto  di difesa e di tutela giudiziaria, cui hanno
diritto  tutti  i soggetti sottoposti a giudizio, a prescindere dalla
loro  nazionalita', non essendo sufficiente per esercitare il diritto
di   difesa   la  sola  presenza  formale,  a  seguito  di  eventuale
concessione  di autorizzazione, dovendosi invece garantire a tutti la
effettiva tutela giurisdizionale;
    Ritenuto  che  peraltro  la  mancata  individuazione  nella norma
censurata dei «giustificati motivi» che rendono legittima la presenza
dello  straniero  nel  territorio  dello  Stato  hanno  concretamente
impedito  allo  stesso di valutare a monte la legittimita' o meno del
proprio   comportamento,   e  all'accusa  di  procedere  alla  chiara
enunciazione  del  fatto,  con  conseguente  ulteriore violazione del
principio di uguaglianza e di effettiva tutela giudiziaria,